Mindfluness
“Meditare è guardare in profondità nel cuore delle cose.” Thích Nhất Hạnh
La parola meditazione, presente fin nei testi di Epicuro e di altri filosofi greci, deriva dalla traduzione del greco Melete, che era una la musa del pensiero e della meditazione, da cui è derivato il verbo greco “meletao”, che significa “pensare, ho cura di, mi occupo di”.

L’etimologia della parola ci serve proprio per comprendere che questa pratica pur essendo riconoscibile nella dottrina e nella pratica meditativa buddista, ha origini molto più antiche e ha come fondamento proprio il benessere dell’essere umano nella sua interezza, di cui uno dei presupposti è la consapevolezza.
Infatti con il termine inglese di Mindfulness, si pone l’accento sull’attenzione consapevole e si cerca di tradurre il termine sanscrito sati, che nell’antica lingua pali indica uno stato mentale di attenzione nel momento presente, in modo da avere una mente libera da pensieri. Questa condizione desiderabile per qualsiasi essere umano, richiede disciplina e addestramento, che si esercitano con la mindfulness praticata quotidianamente.
Da quanto scritto è dunque evidente un forte legame con la religione buddista, ma i benefici clinici della meditazione si devono al lavoro di Jon Kabat-Zinn, biologo e professore della School of Medicine dell’Università del Massachussets, che fin dal 1979, data la sua personale esperienza di meditazione, ne intuì la sua importanza clinica. Consapevole che le sue origini religiose potevano impedirne la sua introduzione in ambito clinico, la spogliò in parte dall’architettura religiosa e con il nome di mindfulness, J. Kabat-Zinn mise a punto un programma di mindfulness con il nome di MBSR e fondò la Clinica dello stress.
Il protocollo Mindfulness Based Stress Reduction (MBSR) rimane ancor oggi un riferimento clinico e prevede:
- otto incontri settimanali (per un totale di due mesi) della durata di circa due ore e mezza, cui si somma una giornata intensiva di pratica, della durata indicativa di otto ore, nella seconda metà del programma.
- pratica in gruppo, in genere composto massimo da trenta persone, tra cui due istruttori che abbiano un adeguato profilo professionale e un percorso personale di meditazione alle spalle.
- Gli incontri sono costruiti su due elementi principali: da un lato la pratica, dall’altro la cosiddetta inquiry o esplorazione. Tutte le sedute, ad eccezione della prima, iniziano con un momento di pratica di circa 45 minuti. Nel corso degli incontri si sperimentano pratiche diverse che i partecipanti seguiranno anche a casa. L’inquiry è la condivisione delle esperienze vissute nella pratica durante l’incontro o in quella individuale a casa, in cui gli istruttori invitano allo scambio e alla condivisione delle esperienze vissute con un atteggiamento di curiosità e non giudizio. Per tutto il tempo dell’incontro in cui non si è esplicitamente invitati a condividere attraverso la parola, i partecipanti mantengono un atteggiamento di silenzio e stabiliscono un’intenzione di piena presenza.
- Il suono dei cimbali scandisce i differenti momenti e rimane l’unico elemento di matrice orientale.
Il successo del Mindfulness Based Stress Reduction ha fatto sì che anche in ambito cognitivista si diffondesse un certo interesse per la mindfluenss, portando allo sviluppo della Mindfulness Based Cognitive Therapy, rivolta a pazienti con esperienza di depressione maggiore, che in linea con il programma Mindfulness Based Stress Reduction, coltiva un utilizzo particolare dell’attenzione e della consapevolezza, suggerendo un focus sui processi di pensiero piuttosto che sul contenuto. L’intento non è quello di escludere dalla mente tutti gli stati negativi, ma di evitare che diventino stabili quando si presentano. Attorno al nucleo originario del protocollo della Mindfulness Based Stress Reduction si è quindi sviluppato l’orizzonte più ampio dei cosiddetti Mindfulness Based Interventions (MBIs). Giommi (2014) ha identificato alcune caratteristiche comuni a questi interventi, come: la pratica meditativa, il formato di gruppo, la responsabilità individuale, il tipo di impegno richiesto ai partecipanti, la prospettiva a lungo termine e l’orientamento non finalizzato al risultato.
Dagli interventi clinici derivati dal Mindfulness Based Stress Reduction, si sono sviluppati anche:
- Mindfulness-Based Relapse Prevention per le prevenire le ricadute nelle dipendenze proposta da Bowen, Chawla e Marlatt (2011)
- Mindfulness-Based Eating Awarness Training elaborato da Kristeller, Baer e Quillian-Wolever (2006), per fornire supporto ai pazienti con disordini alimentari o con problemi legati all’alimentazione
- Mindfulness-Based Childbirth and Parenting formulato da Bardacke (2013), proposto con l’intenzione di “promuovere la salute mentale dei genitori, sostenere l’autoefficacia del parto e facilitare il travaglio, migliorare le relazioni con i partner e la sensibilità genitoriale”
- Mindfulness-Based Elder Care di McBee (2008), realizzato a partire da quello elaborato da Kabat-Zinn e adattato alle esigenze degli anziani, della loro famiglia e del personale – sanitario e non – adibito alla loro assistenza
- Mindfulness-Based Relationship Enhancement sviluppato da Carson, Carson, Gil e Baucom (2004), elaborato allo scopo di arricchire le relazioni, in particolare, di coppia.
Dato questo interesse clinico per l’applicazione della mindfulness, molte ricerche si sono poi concentrate sui cambiamenti funzionali nel cervello di chi medita. Un primo dato si ottiene proprio da Daniel Siegel che avendo da sempre sostenuto che l’integrazione delle aree cerebrali sia un elemento fondamentale per il nostro benessere, ha introdotto per primo il concetto di Funzionamento Mindful.
“La consapevolezza dell’esperienza che facciamo momento per momento ci dà la possibilità di sentire e accettare direttamente la nostra esperienza mentale. Questo stato di consapevolezza può coinvolgere in uno stato integrato tra varie regioni del cervello, incluse aree importanti della corteccia e le aree subcorticali del sistema limbico e del tronco encefalico. L’integrazione neurale, in parte condotta da queste regioni frontali, può essere essenziale per creare un equilibrio basato sull’autoregolazione. […] Questi percorsi di integrazione possono giocare un ruolo cruciale per il benessere. (D. J. Siegel, 2009).
Nel 2012 Haselkamp dimostrò che i praticanti con molti anni di meditazione erano caratterizzati da una maggiore connettività all’interno delle reti attenzionali e tra queste e le regioni prefrontali mediali. Questi dati secondo Haselkamp, determinano nei praticanti mindfulness delle abilità cognitive maggiori nel mantenere l’attenzione e una minore distrazione.
Luders nel 2012 indagò gli effetti cerebrali della meditazione a seconda del numero di anni di pratica e dimostrò che meditando per molti anni avvenisse un aumento di spessore e un potenziamento dei lobi frontali e in particolare della corteccia prefrontale mediale. Luders nel suo studio dimostrò anche una correlazione tra gli anni di meditazione e la quantità di piegature corticali o “girificazioni”. L’osservazione delle scansioni ha mostrato maggiori girificazioni nelle persone che praticavano la meditazione, rispetto a coloro che non meditavano e una maggiore quantità di girificazioni consente più efficienza nell’elaborazione delle informazioni, facilità nel prendere decisioni e migliore memoria.
Di conseguenza, coloro che meditano da più anni tramite una maggior profilatura della corteccia cerebrale sarebbero più veloci nell’elaborazione delle informazioni rispetto a chi medita da meno anni e a chi non pratica la meditazione.
Questo dato fu confermato da Hauswald che nel 2015, che ha trovato ulteriori conferme di come lo spessore corticale aumenti praticando mindfulness.
Tale è stato l’interesse delle Neuroscienze per l’impatto della mindfulness sul cervello, che è nata una branca che si occupa in modo specifico di questo, di cui Norman Farb può essere considerato il capostipite, con il suo contributo ‘Mindfulness meditation reveals distinct neural modes of self-reference‘ del 2007.
Queste ricerche che continuano ancora oggi evidenziano che praticare mindfluness dia benefici per la salute:
- Per ridurre lo stress, abbassando i livelli di cortisolo, l’ormone dello stress, contribuisce a una maggiore sensazione di calma e rilassamento
- Per diminuire i sintomi di ansia e depressione, se praticata regolarmente all’interno di un percorso di cura
- Migliorare la concentrazione perchépotenzia l’attenzione
- Regolando le emozioni, perché riduce le reazioni impulsive e sviluppa un atteggiamento non giudicante nei confronti delle emozioni, aumentando la resilienza.
- Migliorare la qualità del sonno
- Ridurre le tensioni fisiche
Al fine di evitare fraintendimenti, è bene precisare che la mindfulness:
- Non è una tecnica di rilassamento, come abbiamo detto si fonda sull’attenzione consapevole, non sullo svuotamento della mente. Né tanto meno è un modo per eliminare le emozioni negative, perché al contrario il presupposto è l’accettazione non giudicante delle emozioni, a prescindere dalla loro qualità.
- Non è un’esperienza “mistica” o religiosa: come abbiamo detto, pur basandosi su tecniche di meditazione derivanti dal buddismo, è stata poi adattata ai contesti clinici distaccandosi dall’omonima religione.
- Inoltre, è bene precisare che la mindfulness NON è una psicoterapia.
Questa breve sintesi dei numerosi studi scientifici che sono stati effettuati sull’importanza clinica della mindfulness, non toglie che un ruolo fondamentale nella diffusione in Occidente della Mindfulness sia dovuta anche alla grande opera di Thich Nhat Hanh, un monaco che durante la guerra del Vietnam ha lavorato attivamente per la pace del suo paese, promuovendo la non violenza e il dialogo. Thich Nhat Hanh, infatti per tutta la sua vita ha promosso questi valori e con i suoi numerosissimi libri ha diffuso e ampliato i temi della consapevolezza, dell’amore, della compassione e il potere del momento presente in Occidente. Spesso definito come un uomo in totale pace e sintonia con se stesso e con gli altri, ha lasciato il suo esempio di vita come eredità spiritale, per questo in modo possiamo elencare 10 dei suoi più importanti insegnamenti:
1. Non sottostimare mai il potere di una parola gentile, un tocco o un sorriso

Thich Nhat Hanh infatti, ha spesso parlato e sostenuto l’importanza della compassione verso se stessi e verso gli altri, incoraggiando le persone a praticare l’amore e la comprensione nella vita di tutti i giorni con piccoli gesti, dal momento che la vita è una soltanto
2. Se ami qualcuno, il regalo più importante che puoi fargli è la tua presenza
Esserci, praticando il contatto con se stessi e manifestando la propria vicinanza a coloro a cui teniamo è un segnale di amore, che si fonda sull’attenzione e sulla presenza appunto. Bisogna scegliere quindi di circondarsi di persone che ci sono e scelgono di esserci.
3. Essere se stessi
La massima bellezza di una persona si nota quando smette di indossare maschere. Questo principio deve guidare chiunque di noi a spogliarsi di difese che limitano la nostra essenza.
4. Cammina come se stessi baciando la terra con i tuoi piedi
Thích Nhất Hạnh ha sempre parlato dell’importanza di vivere lentamente, per assaporare la vita con consapevolezza. E poiché la terra è una sola, questa consapevolezza dovrebbe motivarci a trattarla con il massimo rispetto, anche quando ci limitiamo a camminare su di essa.
5. Finché sei vivo, tutto è possibile
Thích Nhất Hạnh avendo vissuto la guerra in Vietnam, ha sempre cercato di portare il suo esempio di vita come messaggio concreto di come non bisogna arrendersi al dolore e all’ingiustizia. Ha raccolto nella sua vita storie di vita che come la sua, dimostrassero che non ci sono limiti e ostacoli, se non nella nostra mente.
6. Quando una persona ti fa soffrire è solo perché soffre profondamente essa stessa
Secondo Thích Nhất Hạnh un uomo in pace con se stesso non ha alcuna intenzione né prova piacere alcuno nel creare dolore, perché la consapevolezza determina proprio anche la percezione del dolore dell’altro. Quindi pur addolorandoci se subiamo delle cattiverie, lasciamo che questo dolore venga restituito a chi ha fatto, anziché alimentare il rancore verso quella persona, che sta male appunto e che mantiene un legame disfunzionale proprio con quella persona.
7. Dare la colpa agli altri non ha alcun effetto positivo
“Quando fai crescere una pianta e questa muore, non dai la colpa alla pianta, ma cerchi le ragioni per cui è morta”, scrive il monaco buddhista. Questo principio sottolinea come invece, nelle relazioni, si tenda a dare la responsabilità all’altro, mentre al contrario dev’essere un monito per tutti imparare a prenderci cura delle relazioni come della pianta, per far crescere rapporti sani.
8. Lascia andare ciò che non ti serve e sarai felice
Il minimalismo secondo Thích Nhất Hạnh, va applicato non solo agli oggetti ma anche alle persone. Nel nostro cammino di vita, è importante anche ci procura dolore per la separazione, liberarsi di oggetti superflui o di persone che non sentiamo che ci procurano benessere ma al contrario, sono solo causa di preoccupazioni inutili.
9. Il vero amore è libero da legami
Amare una persona significa volerla accompagnare nel percorso di vita senza cambiarla. “Se il tuo amore è solo possesso, non è amore. Il vero amore crea libertà“, scrive Thích Nhất Hạnh.
10. Il momento presente è tutto ciò che hai
L’unica cosa che abbiamo realmente è il momento presente. Il passato non si può cambiare, il futuro non si può conoscere, tutti possiamo solo vivere pienamente il presente, per essere sereni e soddisfatti.
CONSIGLI PER CHI VUOLE INIZIARE A PRATICARE
Per iniziare, il primo passo è LASCIAR ANDARE LA MENTALITA’ orientata alla PERFORMANCE e l’aspettativa dei risultati immediati. La mindfulness non è un esercizio di perfezione, ma un percorso di scoperta. Con il tempo, che è un tempo di scoperta di sé e non un tempo oggettivo, la pratica diventa più naturale, ma comunque è una disciplina, per cui richiede sempre un esercizio di volontà continuare a praticare. Pertanto sii gentile con te stesso e quando ti distrai accogli i tuoi pensieri senza giudicarti per questo. Procedi lentamente, perché la calma aiuta a focalizzare e inizia a piccoli passi (es. con sessioni di 5 minuti). Verifica quale possa essere il momento della giornata in cui ti trovi meglio a stare in contatto con te stesso, non lasciare che sia quando non hai più nulla da fare, ma programmalo in base al tuo modo di essere e ai tuoi ritmi di vita e lavorativi. Trovare un momento fisso per praticare aiuta a creare una routine. All’inizio usare app o video su youtube può essere un modo per aiutarti, ma cerca se ci sono nella tua zona, dei gruppi in praticare mindfulness, per sentire anche un senso di comunanza e di appartenenza.
LA MIA ESPERIENZA MINDFULNESS
Come ho avuto modo di dire, la mindfulness non è un tecnica terapeutica, pertanto il mio interesse è nato per motivi personali. Nel 2018 ho partecipato a sessioni di gruppo a Bari e quando ne avevo la possibilità fuori dalla mia regione. L’esperienza diretta di benessere che ne ho tratto mi ha motivato a integrarla nel mio ambito professionale, per cui ho conseguito la qualifica di Facilitatore di Mindfulness nel 2021 e da allora ho ritenuto importante unire anche la pratica dello Yoga come routine per me e per il mio benessere fisico e mentale.
L’AMORE per noi stessi è il primo vero grande amore della nostra vita e l’amore è fatto di CURA.
Dedica qualche minuto a TE: trova una posizione comoda e lasciati guidare da questo audio.